Il Sogno di Help3

Abbiamo incontrato (aprile 2021) il Dottor Cornelio Uderzo ematologo pediatra, coordinatore medico volontario e fondatore di Help3 OdV per farci raccontare la sua esperienza e presentare il “Sogno di Help3”.

Come è nata l’idea di fondare Help3?

Avevo fatto alcune brevi esperienze in Malawi (2006), in Tanzania (2010-2011) ed Uganda (2014)  presso Ospedali Distrettuali o Governativi dove non esisteva alcuna possibilità di diagnosticare e tanto meno curare gravi malattie ematologiche pediatriche, sempre senza speranza . Mi sono quindi chiesto perché non portare conoscenza ed aiuto per tali malattie e mi sono attivato per mettere a disposizione quanto avevo imparato in più di 30 anni di professione come ematologo pediatra presso Ospedali Universitari dell’area milanese. Fortunatamente ho incontrato subito persone che hanno condiviso questa idea. Cosi è nata Help3.

Quali sono i suoi ricordi migliori, le immagini, i volti che resteranno impressi nella sua memoria? 

Ritornando dalle prime missioni al LACOR Hospital (Uganda), BUGANDO Medical Center ( Lago Vittoria-Tanzania) , Mnazi Mmoja Hospital (Zanzibar) , St. Gemma Hospital (Dodoma-Tanzania) e lasciandomi alle spalle il sole africano che ti avvolge e ti lascia senza respiro, si è consolidato il convincimento che si poteva portare il nostro contributo, forse modesto, ma utile a ridare il sorriso a molti bambini con “Anemia a cellule falciformi“ (ACF), migliorare la loro esistenza (ad esempio, permettendo loro di frequentare regolarmente la scuola come i loro coetanei ) e garantire una sopravvivenza sino all’età adulta, come oggi è consentito a chi, con la stessa malattia, è curato nei Paesi ad elevate risorse economiche. Ho sempre riportato in Italia il ricordo di volti sorridenti ed occhi curiosi di bimbi che mi guardavano durante il “giro visita”, i commenti favorevoli delle mamme che avevano toccato con mano il notevole miglioramento della “qualità di vita” dei loro figli dopo aver iniziato la cura specifica della malattia che il progetto Help3 era riuscito a supportare.

Una ragazza di 18 anni, Salome, ha voluto farsi fotografare (a sinistra) appena mi ha conosciuto al St. Gemma Hospital. Affetta da una forma piuttosto grave di ACF da anni, ha potuto condurre una vita normale come i suoi coetanei dopo solo sei mesi dall’inizio della cura e mi ha confidato con entusiasmo di voler ottenere al più presto il diploma di infermiera per poter lavorare in ambito medico-assistenziale.

Ci potrebbe raccontare l’esperienza più significativa che ha segnato profondamente la sua vita di medico e di uomo in Tanzania?

Presenziando, nell’estate del 2014, ad una serie di visite ambulatoriali al LACOR Hospital  (Uganda), ho conosciuto una bimba di 5 anni affetta da ACF ma con grave danno neurologico per complicanza cerebrale verificatasi sin dal primo anno di vita (paresi degli arti inferiori, perdita della parola o afasia verbale, disturbi cognitivi).

Il suo volto dolcissimo (foto a destra) mi ha commosso e così l’affetto del padre che la portava al controllo dopo aver percorso con mezzi di fortuna ben 150 km. in 5 ore. Ho capito allora che il nostro progetto doveva andar avanti per cercar di evitare che complicanze simili potessero ripetersi sin dai primi anni di vita in altri bambini grazie ad una diagnosi e terapia oggi  assolutamente possibili anche in Africa.

Un ricordo vero e forte collegato alla cura di un bimbo in particolare in Tanzania?

Nel 2010, mi trovavo all’ospedale di Tosamaganga (Iringa-Tanzania) per una breve esperienza. Assieme al collega tanzaniano stavamo discutendo di un paziente di 4 anni, molto sofferente, ricoverato da circa un mese con una diagnosi di “malattia reumatica” non responsiva alla terapia convenzionale. Il bimbo era spaventato e piangeva nel vedere un “medico bianco” mentre altri pazienti più grandicelli ridevano rumorosamente nel vedermi, come se mi avessero sempre conosciuto. Molti degenti con i loro parenti popolavano la corsia e silenziosi mi osservavano mentre procedevo ad un esame invasivo come l’aspirato midollare effettuato, con l’accordo del collega tanzaniano, al piccolo paziente per il quale poco dopo pochi minuti ponevo la diagnosi di “Leucemia linfoblastica acuta” al microscopio ottico.  

Cosa fare? Comunicata subito la diagnosi ai famigliari iniziavo le prime cure possibili in quel contesto, riuscendo a togliere ogni dolore evocato dalla malattia e ridonando il sorriso al bimbo. Dopo pochi giorni mi resi conto che solo un trasferimento presso un Ospedale specialistico (A Dar Es Salaam, a 600 km. di distanza) poteva dare una speranza di vero trattamento. La malattia era già in uno stadio avanzato, la famiglia non poteva né affrontare il viaggio né accettare di rimanere per un lungo periodo nel Centro Ospedaliero consigliato.

Ho vissuto con grande tristezza l’impotenza di fronte a tale situazione, il bambino è mancato dopo pochi giorni. Mi sono chiesto perché questa ingiustizia (in Italia la Leucemia Linfoblastica è guaribile nell’80% dei casi), e subito ho promesso a questa famiglia che la cura delle Leucemie sarebbe diventata una realtà anche in questa regione del mondo.

Quale è la sua soddisfazione più grande quando pensa ad Help3?

La “stella polare” che mi ha guidato verso la cooperazione sanitaria in Africa è stata sempre accesa da quando ho incontrato altre persone con cui condividere idee, programmi, il sogno di salvare anche una sola vita. Da solo non ci sarei riuscito.

Quale è la ragione che la spinge ad andare avanti in questa Missione?

Entrare in punta di piedi in una realtà ospedaliera diversa dalla nostra, se non altro, per l’altissimo numero di pazienti che accedono a strutture sanitarie  precarie come  la degenza contemporanea di pazienti  adulti terminali e di pazienti pediatrici, mi ha fatto capire il vero motivo della mia missione nell’Africa subequatoriale: stabilire un confronto di idee e supportare  programmi sanitari duraturi nel tempo, una vera alleanza terapeutica con i colleghi africani.

Ho trovato sempre un grande rispetto per chi decide di venire in questi contesti per dare una mano concreta ed ho anche ammirato la voglia, da parte del personale medico-infermieristico locale, di “cambiare marcia”, pur con grandi difficoltà logistiche (non è strano vedere tre bambini degenti per letto o mamme che allattano il loro bimbo ammalato sedute a terra in ogni angolo del reparto, o una nonna che effettua l’igiene del cordone ombelicale all’aperto al nipotino nato da appena tre ore). Mi ha stupito la disponibilità di alcuni Direttori Generali d’Ospedale ad accettare le idee e le proposte di miglioramento assistenziale offerte da un medico straniero conosciuto per la prima volta. Se qualcuno ci accetta senza nessuna prevenzione perché non dare il nostro aiuto e perché non proseguire nella nostra missione di medici senza frontiere?

Ci ha parlato del “suo” sogno, ma quale è il “Sogno di Help3”?

Help3 OdV sta portando con determinazione il proprio supporto scientifico-professionale per la diagnosi e la cura dell’Anemia a cellule falciformi così come per altre gravi patologie ematologiche dell’età pediatrica -in particolare leucemie e linfomi- affinché si possa abbattere la mortalità dell’ACF e delle altre emopatie infantili, in sinergia con le autorità locali e promuovendo la cooperazione.

Il Sogno di Help3, il nostro sogno, è la START-UP DI ONCO-EMATOLOGIA PEDIATRICA E TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO, un vero e proprio Centro specializzato presso l’Ospedale Universitario Benjamin Mkapa Hospital di Dodoma. Obiettivo: GUARIRE I BAMBINI! Per la realizzazione di questo Centro (che sarebbe tra i più avanzati di quel territorio) abbiamo lanciato il Progetto di raccolta fondi “EmoAzione in Tanzania” per poter garantire:

  • Il mantenimento di un alto livello di formazione specialistica per lo Staff medico infermieristico  tanzaniano mediante missioni  annuali “in loco” di 10-15 docenti italiani :  € 20000;
  • L’allestimento di un “Day Hospital” al Benjamin Mkapa H con spazi ed attrezzature adeguate  all’attività specialistica dello Staff medico-infermieristico tanzaniano: € 40000;
  • La costruzione di una Struttura di Accoglienza all’esterno dell’Ospedale Benjamin con almeno 15-20 mini-appartamenti per quelle famiglie di pazienti provenienti da zone lontane dall’Ospedale e che devono  usufruire per lunghi periodi delle cure necessarie   a malattie come LEUCEMIA, LINFOMA, ANEMIA A CELLULE FALCIFORMI…: € 80000

Cosa direbbe o chiederebbe ad un donatore per motivarlo all’azione?

Insieme possiamo guarire da gravi malattie ematologiche pediatriche chi ha il diritto alla salute pur vivendo in un contesto socio-economico meno fortunato del nostro. Allora doniamo insieme la speranza di guarire e di vivere! Non lasciamo nessuno indietro! Stai con Help3!

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